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Storia

Le origini del feudo Granieri non sono certe, ma documenti ne danno l'esistenza a metà del XIV secolo, quando è in possesso di Nicolò Lancia (o Lanza), Maestro Razionale del Regno di Sicilia.
Il territorio del feudo si suppone sia stato smembrato dalla vasta Baronia di Fatanesimo (o Santo Pietro) nel periodo in cui la Sicilia era sotto gli aragonesi.
Nicolò Lancia vendette il feudo a Corrado Piza, milite della terra di Licodia, e da questi passa al figlio Riccardo Piza.
Questi lo vendette al conterraneo Ruggero Scolaro, anch'egli milite, di Licodia.
Lo Scolaro a sua volta, nel 1365, dona il feudo al Monastero Benedettino di S. Nicola l'Arena e di S. Maria di Licodia.
I Benedettini del Monastero di S. Nicolò l'Arena di Catania e di S. Maria di Licodia, entrarono in possesso del feudo nel 1365 grazie alla donazione fatta dallo Scolaro con "il patto della redenzione".
Fino al 1417 fu in possesso del Monastero che lo vendettero, per capitalizzare, al nobile Francesco Paternò (Duca di Carcaci) per la somma di 150 onze d'oro.
Successivamente i monaci vollero restituito il feudo e, dopo controversie, ne ottennero nuovamente il possesso che si manterrà fino alla confisca del 1865 in attuazione alle leggi eversive sui Beni degli Enti Ecclesistici.
Durante il possesso benedettino il feudo è concesso in gabella per uso di pascolo e semina per periodi che vanno dai tre ai cinque anni. I gabelloti provengono da Vizzini e Licodia. Nell'ottocento sono anche di Grammichele, Mirabella, Piazza. Esclusi erano gli abitanti di Caltagirone, città con la quale il Monastero fu varie volte in lite per l'esercizio di diritti civici avanzati dai calatini.
Tale fatto escludeva la nomina dei cittadini di Caltagirone alle cariche pubbliche del feudo: giudice, notaio, guardie.
I monaci difesero presso le autorità regie il possesso del feudo e dei suoi beni, soprattutto il bosco che ricopriva gran parte della superficie e che garantiva proventi al monastero.
Nel 1865 il feudo è incamerato dal Regio Demanio in attuazione della legge 10 agosto 1862, più nota come "Legge Corleo", in attesa che venisse messo in vendita.
Il feudo fu suddiviso in dodici quote, coincidenti con le diverse contrade che lo costituivano, e cioè:
 Cirrìo - Olivella - Cugnolungo - Conventazzo - Poggio delle Forche - Inchiuso - Vaito - Pietra Scritta - Insolio - Valle Bruca - Camarella - Mascalucia

Le suddette quote furono acquistate all'asta da sei partecipanti, che divennero i nuovi proprietari del feudo dal 21 giugno del 1869.
Questi i nuovi proprietari e le relative quote:
Silvestri Antonio > Olivella, Poggio delle Forche, Inchiuso, Insolio, Valle Bruca, Camarella;
Rizza Evangelista > Cirrìo;
Gravina Emanuele e Paolo > Cugnolungo, Conventazzo;
Nocera Giuseppe > Vaito;
Milazzo Giuseppe > Pietra Scritta;
Nigito Vincenzo > Mascalucia.